ANNI ’70 e ’90: il cambio di rotta e il rinnovamento.

ANNI ’70 e ’90: il cambio di rotta e il rinnovamento.

Nel 1970 succedette a Giovanni Falck suo fratello Bruno,  anche lui ingegnere che si era occupato d’impiantistica. Nei suoi dodici anni di Presidenza egli visse l’inizio del declino della siderurgia. La crescita dimensionale della Società s’arrestò agli inizi anni ‘70 e gradualmente lo scenario siderurgico mutò. I due shock petroliferi degli anni ’70 furono il preludio alla crisi strutturale della siderurgia europea che conobbe il sui culmine nel 1980. La situazione richiese la discesa in campo della stessa CECA (Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio)  che assunse i poteri dirigistici sulla produzione e vendita di prodotti siderurgici. La crisi si protrasse per più di vent’anni. Nel biennio ’80-‘81 scomparve la maggior parte delle aziende siderurgiche italiane “storiche”.

La storia proseguiva inesorabile con gli anni di piombo e il pesante tributo di sangue pagato con la barbara esecuzione, perpetrata per mano delle Colonna della Brigate rosse Walter Alasia, del Direttore dello stabilimento Unione, l’ingegner Manfredo Mazzanti.

Alla fine del 1982 la terza generazione subentrò nella gestione della Società. Alberto, figlio di Enrico, fu nominato Presidente e Giorgio, figlio di Giovanni, Vice e Consigliere Delegato. I due dividevano la stanza presidenziale ma non potevano essere più diversi: serio e posato, il primo; sregolato e genialmente fuori dagli schemi, il secondo. La salute dell’Azienda e i legami di sangue riuscirono a mitigare le differenze caratterialie a creare un sodalizione che durò dieci anni.

Le ristrutturazioni industriali e organizzative caratterizzarono gli anni ‘80. Dopo che nel 1990 sfumò l’accordo con L’Ilva,  vi fu il coraggio di  voltare pagina e chiudere la siderurgia a caldo. Questa decisione maturò nel quadro del piano di ristrutturazione europea a seguito della scomparsa del Comecon e il rischio di un’altra eccedenza di capacità produttiva proveniente dai paesi ex comunisti.

 

Gli impianti, producendo per autoconsumo, non ricadono nella nazionalizzazione e restano di proprietà del Gruppo Falck fino al 1983, anno di nascita della Sondel, alla quale furono trasferiti gli impianti esistenti e la gestione degli stessi. A partire dal 1992 inizia un vasto programma nel settore termoelettrico, sviluppando impianti a ciclo combinato di cogenerazione alimentati a gas naturale e biomassa.

 

 

IL SAPERSI RINNOVARE

All’inizio del 1996 uscimmo dalla siderurgia a caldo grazie al piano di ristrutturazione siderurgica europeo. Nei successivi quattro anni ricollocammo tutte le 970 persone impiegate nell’attività siderurgica.

L’indebolimento della compagine azionaria, determinatasi con l’uscita di Giorgio Falck dall’azionariato con la famiglia scesa a poco più del 30% porta alla scalata della Tassara alla Falck.

La contromossa, nel 2001, fu di accelerare un progetto coltivato da tempo: fondere Falck in Montedison per creare con la fusione delle controllate Edison-Sondel il più grande produttore elettrico privato italiano. L’opposizione di una minoranza qualificata in assemblea Montedison non lo permise. Nello stesso anno FIAT ed EDF rilevano Montedison.

Nella nuova situazione creatasi ci accordammo con Gianni Agnelli per scindere la Falck, lasciando loro Sondel. Da allora continuammo a sviluppare le energie rinnovabili: eolico – in Italia, UK, Spagna e Francia – solare, biomasse, infine termovalorizzazione dei rifiuti e i servizi al territorio. Partendo da zero siamo arrivati a fine 2011 a 684 MW di potenza installata con una produzione annua di 1,560 GWH.

Oggi il Gruppo ha 52 impianti con una capacità installata di 1370 MW in Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Spagna, Francia, Norvegia e Svezia e produce oltre 2 miliardi di KWh di energia all’anno. Inoltre offre servizi di consulenza in ambito commerciale e tecnico, ingegneria e M & A, con oltre 1600 MW di energia solare ed eolica gestiti per conto terzi ed è presente in 25 paesi.

 

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